Nel Sinai l’incubo di un popolo in fuga.
Sono sei i profughui eritrei uccisi dai trafficanti che da oltre un mese tengono in ostaggio 80 rifugiati in fuga verso Israele che avevano già pagato 2.000 dollari a testa per il viaggio. Gli aguzzini avevano rilanciato a 8.000 con il camion fermo nel deserto al confine con Israele. L’appello dell’Onu.
ROMA – Ne hanno ammazzati altri tre. Dunque adesso sono sei i profughui eritrei uccisi dai trafficanti che da oltre un mese tengono in ostaggio 80 rifugiati 1 in fuga verso Israele e che avevano già pagato 2.000 dollari a testa per il viaggio.
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Il governo eritreo sta accentuando la repressione politica nei confronti dei giornalisti con arresti arbitrari e torture. Lo denuncia l’associazione dei giornalisti dell’Africa orientale (Eaja) che ne chiede la liberazione esprimendo sdegno e condanna per i metodi usati da Asmara nei confronti dei reporter detenuti in uno stato di “brutale oppressione”.
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L’ultima notizia in ordine di tempo l’ha data ‘Shabait’ alcuni giorni fa: la biblioteca pubblica di Asmara, ha riferito l’agenzia stampa che fa capo al ministero dell’Informazione, ha acquistato 17.000 nuovi libri per rispondere in particolare alle esigenze formative degli studenti universitari. Grazie al contributo di alcuni partner, ha detto il direttore della biblioteca, Ephrem Matewo, d’ora in avanti saranno consultabili molti più testi in particolare per scienze informatiche, ingegneria, medicina, scienze politiche, sport, economia e cinema. Ad Asmara è attiva da anni anche un’altra biblioteca, nota come ‘Pavoni social centre’ e retta dai missionari della Congregazione dei Figli di Maria Immacolata, meglio conosciuti come pavoniani. Il ‘Pavoni social centre’, dicono fonti della MISNA, si sta sempre più caratterizzando come biblioteca sull’Africa, privilegiando la scelta di testi che riguardano direttamente il continente e in particolare il Corno d’Africa. Una ricchezza culturale a beneficio degli eritrei che attira anche ricercatori e studenti stranieri alla ricerca di testi altrimenti più difficilmente reperibili. Attualmente, la biblioteca dei pavoniani – presenti nel paese dal 1969 – ha un catalogo di circa 45.000 testi sempre più orientato verso temi di antropologia, linguistica e storia.
“Ora abbiamo l’Onu, la Commissione europea e numerose organizzazioni per i diritti umani che seguono i profughi eritrei ed è impensabile un’azione di rimpatrio coatto”: è soddisfatto Roberto Malini del Gruppo EveryOne dopo aver ricevuto un’importante lettera dal Direttorato Medio Oriente e Sud del Mediterraneo della Commissione europea.
Gli oltre 200 profughi eritrei che hanno vissuto quest’estate l’inferno (il respingimento dall’Italia, la prigionia nei lager di Gheddafi, la fame, la sete, le violenze da parte della polizia libica…) vedono sfumare il pericolo più grande, quello di essere rimpatriati in Eritrea dove rischiavano di finire in altri campi di concentramento, nelle mani di altri torturatori, a subire violenze o anche a trovare la morte. Questa prospettiva agghiacciante sembra essersi allontanata definitivamente, anche grazie alla mobilitazione lanciata da Gruppo EveryOne e da NoirPink – modello Pandemonium che ha ottenuto l’attenzione prima dell’Alto Commissario Onu per i Rifugiati e ora della Commissione Europea.
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Il Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti umani, si unisce all’appello diramato in queste ore da Cittadinanzattiva Provincia di Rieti, Postribù Rieti, associazione Germogli di Toffia e Agenzia Habeshia, chiedendo con urgenza al Governo Italiano, e in particolare al Ministero dell’Interno, di annullare nell’immediato la procedura di espulsione dall’Italia per Saba Gdey, cittadina eritrea di 32 anni rifugiatasi nel nostro Paese per sfuggire alla persecuzione.
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Asmara 10 ott. 2010 – La Food and Agriculture Organization (FAO) ha dichiarato che carestie e fame stanno aumentando a livello mondiale e che stanno peggiorando, le reti di diffusione di notizie fasulle hanno riproposto questa affermazione e i media l’hanno poi diffusa tale e quale.
La questione richiede una indagine approfondita e seria, nonché qualche rettifica e quindi in questo frangente una serie di fatti devono essere esposti chiaramente. Prosegui la lettura 'Il punto di vista del Governo eritreo'»
In allegato il numero 3 delle Notizie
dall’Eritrea, come sempre grazie a Samuele.
Il Consiglio Direttivo
Luca, Tina, Monica, Stefano L., Stefano M. P., Andrea
Eritrea news 3
Anche in Eritrea, come in Italia, sta per riprendere l’attività scolastica, la scuola Kidane Mihret di Hagaz si sta preparando per accogliere anche quest’anno oltre 700 studenti.
Agli studenti, agli insegnanti e ai responsabili della scuola va il nostro miglior augurio per un buon inizio di anno scolastico.
L’articolo di Piergiorgio Cattani è tratto dal sito unimondo.org
Un tempo Meles Zenawi (primo ministro dell’Etiopia) e Isaias Afewerki (presidente dell’Eritrea) combattevano insieme. A capo di due movimenti di liberazione nazionale, il fronte di liberazione del Tigray e il Fronte popolare di liberazione dell’Eritrea, i due, che parlano la stessa lingua e provengono da regioni limitrofe, furono compagni di battaglia nella lunga guerra, in particolare tra il 1981 e il 1991, combattuta contro il comune nemico, il regime filosovietico di Mengistu. Fu una lotta di liberazione nazionale culminata nel 1991 con la conquista da parte dei due eserciti, rispettivamente di Addis Abeba e Asmara, e nel 1993 con la proclamazione di indipendenza dell’Eritrea.
Da allora e ininterrottamente fino ad oggi Meles è il primo ministro dell’Etiopia e Isaias è presidente dell’Eritrea: i due, ciascuno nel proprio Stato e con i propri metodi, stanno aumentando in maniera progressiva il loro potere che non si potrebbe definire se non dispotico e dittatoriale.
Ma la loro amicizia è finita da parecchi anni: la guerra tra i due paesi tra il 1998 e il 2000, la tensione permanente lungo i confini, l’opposto posizionamento strategico della cosiddetta guerra al terrorismo e più in generale tra occidente e Cina (Etiopia filo americana e Eritrea vicina a paesi arabi e Cina), li hanno posti su due fronti avversi. Rimangono invece identici i metodi repressivi, i massacri indiscriminati, l’eliminazione fisica degli avversari politici, il bavaglio alla stampa, il disprezzo per i più elementari diritti umani.
Per le cancellerie occidentali però Zenawi è più democratico del collega dittatore Afewerki. Certamente quest’ultimo ha imposto progressivamente nel suo paese un regime di polizia che trova pochi riscontri in tutta l’Africa e nel mondo intero: nel continente nero l’Eritrea è diventata una specie di Corea del nord. Il governo eritreo ha bandito da anni molte ONG che monitoravano le violazioni dei diritti, ha chiuso le porte a qualsiasi osservatore internazionale, ha cacciato o impedito di operare a numerosi missionari cattolici e non, ha ristretto notevolmente la libertà di movimento degli stranieri nel paese, ha incarcerato o ridotto al silenzio giornalisti di opposizione.
Sono, tuttavia, soprattutto gli eritrei a subire le conseguenze di uno stato sempre più chiuso e militarizzato in cui non si sono mai tenute elezioni. I giovani non possono più uscire dal paese e quelli all’estero non possono più tornarci se non per restarci definitivamente; il servizio militare è a tempo indeterminato: a 18 anni uomini e donne vanno nell’esercito senza sapere se e quando potranno ritornare a casa; infine è limitato pure il commercio con l’estero.
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