Category: Notizie dall’Eritrea

Rifugio ai prigionieri del Sinai – Fate qualcosa di umano

di , 4 Febbraio 2011 14:43

Da Avvernire, 2 febbraio 2011

Da ormai 70 giorni si è squarciato il velo che copriva, nel Sinai, un traffico di esseri umani del valore qualche milione di dollari che finisce (e non è un caso) anche per portare risorse all’estremismo e al terrorismo islamico. Merito – come spesso accade quando si tratta di denunce simili – di un prete, il sacerdote eritreo Mosè Zerai, e di alcune associazioni umanitarie. La fiaccolata silenziosa tenutasi ieri a Roma sulle scale del Campidoglio e organizzata dalla società civile ci ricorda l’odissea infinita di migliaia di profughi originari del Corno d’Africa, in fuga da persecuzioni e guerre, rapiti da clan di beduini Rashaida e ancora ostaggi nel deserto.

Non è cambiato nulla per loro, anzi. Le manifestazioni in corso al Cairo hanno contribuito a spingere ancor più nell’ombra questo dramma. Noi abbiamo seguito da vicino le vicende di un gruppo di 80 eritrei provenienti dalla Libia, Paese dove erano rimasti intrappolati dopo essere stati respinti in mare dall’Italia. Avevano pagato 2.000 dollari ai trafficanti per attraversare l’Egitto, raggiungere Israele – l’unico Oriente che nell’area fa rima con Occidente (che significa democrazia, e dovrebbe sempre significare anche diritti umani e tutela dei più deboli) – e da lì, poi, arrivare in Europa.

Sono stati invece ingannati e inghiottiti dalle sabbie del deserto in una nuova e crudele rotta degli schiavi. Per essere liberati sono stati pretesi da ognuno di loro altri 8 mila dollari, sono stati sottoposti a umiliazioni e torture per “sollecitare” il pagamento del riscatto. E il peggio è toccato a donne e bambini. Chi non aveva i mezzi ha dovuto vendere un rene per comperarsi la libertà oppure rischia in queste ore di essere venduto o ammazzato come una bestia perché è diventato ingombrante. Diversi prigionieri hanno perso la vita in questi mesi in un’autentica mattanza, per aver osato ribellarsi alle catene o perché serviva dare un feroce esempio.

Questa storia fin dall’inizio ha messo in imbarazzo le cancellerie europee, i governi egiziano e israeliano e la stessa Autorità palestinese per diversi motivi. Primo, perché dimostra che la chiusura indiscriminata dei confini europei anche a chi ha diritto di chiedere asilo fa a pugni con il diritto internazionale e con la nostra tradizione giuridica e umanitaria. Poi rivela che Israele è gelida e ostile con i rifugiati anche se reduci da torture e arriva a respingerli in Egitto. Paese, questo, che oltre a non avere piena sovranità su una parte del proprio territorio, il Sinai, non rispetta la convenzione sui diritti umani perché imprigiona e spara sui profughi o li respinge, a sua volta in Paesi che perseguitano i dissidenti. E, infine, perché mette in luce la debolezza dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, che si è fatto sentire – e ci mancherebbe – ma non ha certo alzato la voce e chiesto conto a Mubarak di inerzie colpevoli e drammi impuniti…

Il Parlamento europeo a metà dicembre aveva solennemente chiesto al governo del Cairo di intervenire. La risposta è stata dapprima il rifiuto di ammettere anche solo l’esistenza del gravissimo problema. Quindi, tra dicembre e gennaio l’impegno a cambiare atteggiamento. Ma le forze dell’ordine egiziane, un po’ perché male equipaggiate e molto per connivenza, si sono limitate a non aprire più il fuoco sulle colonne di profughi appena liberati e diretti verso il confine.

Resiste così questa rete maligna. E si nutre di complicità internazionali, che consentono a spietati mercanti di uomini di catturare gli ostaggi già in Sudan e in Libia. Eppure si conoscono anche i luoghi di detenzione e i nomi dei capi dei clan di rapitori. Sembra, insomma, che non ci sia niente da fare: i drammi degli ultimi della Terra che rischiano di morire nella ricerca di scampo, non interessano a nessuno, né all’Europa né ai governi dei Paesi di origine. E ora bisogna aspettare la fine della tempesta che sconvolge l’Egitto per capire che cosa accadrà, per vedere se qualcun oserà prendere a cuore la sorte di questi disperati.

Ma la Ue che ha chiuso le porte ai profughi eritrei può dire e fare già ora qualcosa di giusto e di umano: accetti, Italia in testa, di offrire rifugio almeno a chi è scampato ai lager del Sinai.

Paolo Lambruschi

© riproduzione riservata

Fiaccolata a Roma per i profughi ostaggi nel Sinai

di , 26 Gennaio 2011 01:13

Pubblichiamo l’appello ricevuto da Asinitas:

Martedì 1° febbraio 2011 alle ore 18.00 si terrà una fiaccolata silente sulle scale del Campidoglio,

per denunciare la drammatica situazione dei profughi sequestrati nel Sinai da più di

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due mesi.

Clicca qui per l’appello della fiaccolata

Finora non ci sono state risposte istituzionali e di mobilitazione della comunità internazionale.

L’iniziativa sarà promossa dal CIR insieme all’Agenzia Habeshia, all’Associazione a Buon Diritto e al Centro Astalli

Come associazione Asinitas Onlus aderiamo e vi chiediamo di diffondere l’appello che vi alleghiamo.

L’appello può essere firmato al seguente indirizzo: http://corneliagroup.altervista.org/blog/firma-per-la-liberazione-dei-progionieri-nel-sinai/

Le adesioni di associazione e organizzazioni che si occupano di tutela dei diritti dei migranti saranno raccolte tramite email: cirstampa@cir-onlus.org sino a mercoledì 26 alle ore 18.00.

Asinitas Onlu

Eritrei nel Sinai, il racconto di un profugo

di , 24 Gennaio 2011 00:37

La testimonianza: “Ci avevano convinto che saremmo potuti entrare in Israele senza difficoltà e che erano esperti. Nessuno dei gruppi che avevano accompagno, ci assicuravano, è stato preso dalla polizia. Bastava pagare 3.000. Ci picchiano a bastonate – ha riferito il profugo – con maniacale regolarità: due volte al giorno”

Rafah, 18 gennaio 2011. Un giovane eritreo, padre di famiglia, racconta l’inganno dei trafficanti che avevano propagandato un viaggio facile, dal Sudan verso Israele. Il racconto è stato raccolto, ancora una volta, da padre Moses Zerai, direttore dell’Agenzia eritrea Habeshia. “Ci hanno convinto che saremmo potuti entrare in Israele senza difficoltà – ha detto il giovane – perché ci hanno detto che erano esperti. Nessuno dei gruppi che avevano accompagno, ci assicuravano, è stato preso dalla polizia. Bastava pagare 3.000 dollari e potevamo fare il viaggio della speranza fino in Israele. Arrivati nel deserto del Sinai ci hanno invece portato dentro questi container sotterranei, al confine con Israele”.

Il mediatore. E’ un eritreo che si chiama Tesfamicael Araya. “Il quale ci ha fatto dare i soldi al trafficante, che ci ha portati dal Sudan nel Sinai, questo trafficante appartiene all’etnia Rashiayda, se n’è andato in Sudan consegnandoci nelle mani di un suo parente residente nel Sinai, il quale a sua volta ci ha venduti ad un altro gruppo di trafficanti, che poi è quello che ci tiene ora prigionieri. Siamo stati tenuti al buio per dieci giorni – ha proseguito il testimone – senza sapere il perché, poi ci ha detto che il primo trafficante era scappato con i nostri soldi e dunque non potevamo continuare il viaggio. Il nuovo ‘padrone’ voleva 10.000 dollari per liberarci. Eravamo una sessantina di persone, poi ci hanno divisi”.

Le bastonate quotidiane. “E’ ormai un mese – prosegue il racconto del giovane profugo – che siamo in questa situazione, siamo in 38, di cui 8 sono donne, tutti costretti a mangiare una pagnotta al giorno. Ci picchiano a bastonate con maniacale regolarità: due volte al giorno, e ci sono due addetti a questo compito, uno ci picchia di giorno l’altro di notte, spesso sono drogati. Comunque la tortura consiste nel non farci dormire di notte. Ormai molti parenti del gruppo stanno pagando, siamo rimasti in 11 persone che non abbiamo versato un euro dopo i 3.000 pattuiti all’inizio. Tra noi c’è una donna che non ha nulla e un ragazzo orfano che sicuramente non potranno pagare. Insomma, siamo ancora qui, tenuti in catene mani e piedi. Qui vicino c’è un aeroporto utilizzato delle forze ONU. Sentiamo atterrare e partire aerei. Salvateci. Fate qualcosa”.

Restano 27 ostaggi. Nel frattempo, mentre l’Egitto – come fa sapere EveryOne in una nota stampa – ha annunciato un massiccio intervento contro i trafficanti del Sinai, con un’unità speciale anti-terrorismo agli ordini del Generale Najab e con la supervisione del capo dell’intelligence per il nord del Sinai Generale Svillan, i predoni di Abu Lafi e del suo luogotenente Abu Khaled accelerano la liberazione degli ostaggi, anche di quelli che non sono riusciti a completare il pagamento del riscatto. Secondo don Moses Zerai, nei container-prigione interrati nel frutteto di Abu Khaled, restano 27 africani, fra cui quattro donne. Una ragazza è al sesto mese di gravidanza e probabilmente a rischio di perdere il bambino, a causa delle continue violenze.

Il 29 manifestazione a Milano. I maltrattamenti, dopo la campagna internazionale per la liberazione dei profughi, sono comunque diminuiti, tanto che i Medici per i Diritti Umani di Jaffa non hanno riscontrato tracce evidenti di torture visitando i migranti liberati di recente. Nel frattempo numerose adesioni raggiungono EveryOne, l’Associazione Profughi Eritrei della Lombardia e il Gruppo Facebook “Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai” riguardo alla manifestazione prevista per il 29 gennaio davanti alla Rappresentanza della Commissione europea a Milano.

fonte: repubblica.it

A che punto è la notte nel Sinai?

di , 16 Gennaio 2011 01:35

Situazione attuale dei profughi africani nelle mani dei predoni in Egitto, reazioni da parte delle istituzioni internazionali, prospettive e speranze sia per la sorte dei migranti ancora in catene, sia riguardo all’urgenza di iniziare a combattere efficacemente il traffico di migranti, di schiavi e di organi umani. Prosegui la lettura 'A che punto è la notte nel Sinai?'»

Rifugiati nel Sinai: il 26° congresso FNSI-Federazione nazionale della Stampa Italiana approva appello all’Unione Europea

di , 16 Gennaio 2011 01:24

14 gennaio 2011- Il 26° congresso della Fnsi a Bergamo – si legge in una nota ufficiale della Federazione- ha approvato all’unanimità il seguente appello all’Unione Europea: “Il Ventiseiesimo Congresso della Federazione nazionale della Stampa, riunito a Bergamo, lancia un appello all’Unione europea e alla Comunità internazionale perché assumano immediatamente un’iniziativa volta alla liberazione dei 250 africani, in gran parte eritrei, tenuti incatenati dai predoni nel Sinai ormai da quasi tre mesi, con la promessa di liberarli soltanto in cambio di un riscatto di 8 mila dollari.

Si conosce il luogo della detenzione, dieci container metallici in un frutteto alla periferia sud della città egiziana di Rafah, al confine con Israele. Si conosce il nome del capo dei predoni, il beduino palestinese Abu Khaled, che si avvale di 20 uomini armati, e si conoscono addirittura i cellulari dei sequestratori, prestati agli ostaggi per chiedere i soldi del riscatto ai parenti emigrati in Europa e in altri paesi. Il governo italiano ha gravi responsabilità, perché molte decine di questi sequestrati furono respinti in mare su ordine delle nostre autorità, nel giugno del 2010, senza poter presentare la richiesta di asilo politico che, nel caso di cittadini eritrei, viene sempre accettata, a causa del regime sanguinario dal quale fuggono. Otto ostaggi sono già stati uccisi dai predoni, quattro, impossibilitati a pagare il riscatto, sono stati sottoposti a un’operazione di espianto degli organi mentre alcune donne sono state ripetutamente violentate.

Il Ventiseiesimo Congresso della Fnsi nel rilanciare la domanda che don Mussie Zerai dell’Agenzia umanitaria Habeshia e i dirigenti della Onlus EveryOne hanno posto nei giorni scorsi: cosa sarebbe mai successo a livello mediatico e politico, se tra i 250 sequestrati ci fossero stati cittadini europei o nordamericani o giapponese, impegna i direttori delle agenzie, dei giornali su carta e online, e tutte le emittenti radiotelevisive italiane, perché diano il massimo risalto alle notizie che vengono dal Sinai”.

sito: www.fnsi.it –

Rifugiati sequestrati nel Sinai, Frattini risponde a Pezzotta e ad altri parlamentari

di , 16 Gennaio 2011 01:07

11 gennaio 2011- Il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini ha risposto alla lettera inviata in data 10 dicembre da alcuni parlamentari – primo firmatario l’on.le Savino Pezzotta – sulla questione dei rifugiati tenuti in ostaggio nel Sinai. Il Ministro ha confermato l’immediata attivazione della Farnesina con le Autorità egiziane, “rappresentando l’attenzione e la sensibilità con cui le Istituzioni italiane e l’opinione pubblica guardano alla vicenda ed esprimendo loro il vivo auspicio che si possa arrivare rapidamente a una soluzione positiva”.

Il Ministro Frattini nella sua lettera ricorda che la “nostra Ambasciata al Cairo ha mantenuto stretti contatti operativi con le Autorità egiziane competenti e continua tuttora a svolgere un’azione di consultazione a tutti i livelli con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero della Famiglia e della Popolazione del Cairo”. (…) Le controparti hanno tenuto ad evidenziare come il Governo e le forze di sicurezza egiziane siano impegnati in prima linea per contrastare il traffico di esseri umani condotto dai beduini, fenomeno di cui il Paese si considera vittima”.

“Le stesse Autorità egiziane – scrive Frattini- hanno precisato che, a loro giudizio, l’episodio si inquadra nel più generale fenomeno del continuo flusso di emigranti africani che attraversano il Sudan, l’Egitto e il Sinai per cercare di giungere in Israele o in altre destinazioni (trattandosi quindi di un flusso migratorio che non porta all’Italia o all’Europa)”

Per quanto concerne l’interessamento dell’Unione europea, il Ministro Frattini ricorda di avere sensibilizzato la Commissione “sull’importanza che attribuiamo alla vicenda” e di aver segnalato la questione anche alla Delegazione dell’Unione europea al Cairo“(…)che ha compiuto un primo e importante passo presso il Ministero degli Esteri egiziano al fine di ottenere informazioni e avviare possibili iniziative, cui da parte italiana non si mancherebbe di concorrere”.

Il Ministro ricorda che sono stati intrapresi contatti anche con l’UNHCR e l’OIM.

Frattini conclude assicurando che il Governo sta continuando ad agire in varie direzioni per giungere ad una soluzione positiva del caso e che non cesserà di seguire con la massima attenzione la questione per superare questa drammatica vicenda umanitaria e giungere alla liberazione dei prigionieri.

Eritrea: economia in crescita nel 2011

di , 16 Gennaio 2011 00:41

Secondo l’Economist si prevede che l’Eritrea sia la terza economia in più rapida crescita del 2011. La stima pubblicata nel “The World in 2011″ attesta che in Eritrea si verificherà una crescita del 10% per il prossimo anno ponendo il paese al terzo posto dietro Qatar e Ghana. Il Qatar con la sua economia fondata sul settore del gas è la più veloce crescita economica al mondo per il secondo anno di fila. L’Eritrea è un nuovo arrivato con la maggior parte della crescita proveniente dal settore minerario, è scritto sulla rivista, e da una fabbrica di cemento cinese che si prevede inizierà a operare nel 2011. (da www.eritreaeritrea.com)

L’odissea degli Eritrei

di , 22 Dicembre 2010 23:48

Sul sito si Avvenire un dossier aggiornato sull’odissea degli Eritrei nel Sinai. Vai al sito avvenire.it.

Ultimatum dei sequestratori nel Sinai

di , 6 Dicembre 2010 23:39

EMERGENZA UMANITARIA

Ultimatum dei sequestratori nel Sinai “Pagate, altrimenti vi facciamo sparire”

Da più di un mese sotto sequestro un gruppo di persone, in prevalenza eritrei, in fuga dal loro paese e uscite nel luglio scorso dalle carceri libiche. Volevano andare in Israele, pagando 2000 dollari a testa, dopo aver rinunciato a far rotta su Lampedusa per la politica dei respingimenti dell’Italia. I predoni, che li tengono incatenati e hanno ucciso già sei di loro, pretendono altri 8000 dollari

di CARLO CIAVONI

Ultimatum dei sequestratori nel Sinai "Pagate, altrimenti vi facciamo sparire"

ROMA –  “O pagate entro oggi, o vi facciamo sparire”. E’ l’ultimatum dei sequestratori che tengono in ostaggio 80 persone da oltre un mese nel deserto del Sinai egiziano, comprese donne incinte e bambini, in prevalenza eritrei. Ed è quanto ha raccontato una donna al telefono, parlando con padre Mussie Zerai, direttore dell’agenzia eritrea Habeshia. Le persone sequestrate, infatti, vengono messe in condizione di usare telefoni cellulari e satellitari per chiamare parenti e organizzazioni umanitariae, al solo scopo di chiedere i soldi – 8000 dollari a testa –  per i loro carcerieri e trafficanti di esseri umani, e poter così continuare il loro viaggio verso Israele. Oggi durante l’Angelus papa Benedetto XVI ha ricordato la loro tragedia 1, pregando per la loro liberazione.

Un incubo che dura da oltre un mese. Da più di trenta giorni è sotto sequestro questo un gruppo di circa 250 profughi eritrei, una ottantina dei quali partiti dalla Libia, dopo essere usciti, nel luglio scorso, da quegli autentici gironi infernali che sono le carceri di Gheddafi. In 80 hanno così deciso di cambiare rotta verso Israele, pagando 2000 dollari a testa, avendo dovuto rinunciare per la politica dei respingimenti dell’Italia a continuare a battere il tragitto che dalla Libia li avrebbe portarti verso la Sicilia e l’Europa. Arrivati in Egitto, nel Sinai, hanno trovato i predoni che ora li tengono incatenati, e che pretendono altri 8000 dollari ciascuno per ottenere la libertà.

Testimonianze drammatiche. Racconti di violenza subìta, da donne incinte o con bambini, privati di cibo e acqua. Continuamente picchiati, costretti a contattare i familiari che vivono in Europa per chiedere soldi e pagare il riscatto per la loro libertà. Una delle donne sequestrate ha raccontato al telefono, messo a disposizione dai sequestratori per far chiedere denaro ai parenti degli ostaggi, di come sono trattati peggio di bestie, tenuti con le catene ai piedi. “Ci danno da mangiare una pagnotta e una scatoletta di sardine ogni tre giorni, non abbiamo acqua potabile ma siamo costretti a bere acqua salata, che sta causando molti disturbi intestinali. Abbiamo 9 persone ferite gravemente dalle percosse –  prosegue la donna ascoltata da padre Zerai – bisognose di cure urgenti, perché hanno la testa fracassata, gli arti rotti”.

Prosegue il racconto. “L’altro ieri sera hanno prelevato 4 di noi che non hanno nessun parente all’estero che può pagare il riscatto, li hanno portati a prelevare un rene per venderlo e ricavare i soldi del riscatto. Ci sono state anche persone marchiate con il fuoco  –  ha aggiunto la donna – per costringerle a chiamare i famigliari e chiedere di pagare il riscatto. Ci hanno dato un  ultimatum per domenica (cioè oggi) dopo di che hanno detto che ci fanno sparire.  Facciamo appello a tutta la comunità internazionale perché intervengano per salvarci dalle mani di questi trafficanti. Non c’è un minuto da perdere, stiamo male aiutateci”.

fonte: http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2010/12/05/news/ultimatum_nel_sinai-9858163/

Basta violenze in Iraq, Egitto ed Eritrea

di , 6 Dicembre 2010 23:36

Il rispetto dei diritti di tutti e’ il presupposto per la civile convivenza”. Lo ha detto il Papa dopo la preghiera dell’Angelus, lanciando un appello contro le violenza in Iraq, Egitto e Eritrea

Roma, 05-12-2010

Il rispetto dei diritti di tutti e’ il presupposto per la civile convivenza”. Lo ha detto il Papa dopo la preghiera dell’Angelus, lanciando un appello contro le violenza in Iraq, Egitto e Eritrea. “In questo tempo di Avvento, in cui siamo chiamati ad alimentare la nostra attesa del Signore e ad accoglierlo in mezzo a noi, vi invito – ha chiesto ai 40 mila fedeli presenti in piazza San Pietro – a pregare per tutte le situazioni di violenza, di intolleranza, di sofferenza che ci sono nel mondo, affinche’ la venuta di Gesu’ porti consolazione, riconciliazione e pace”. “Penso – ha aggiunto – alle tante situazioni difficili, come i continui attentati che si verificano in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto in cui vi sono stati morti e feriti, alle vittime di trafficanti e di criminali, come il dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalita’, nel deserto del Sinai”. “La nostra preghiera al Signore e la nostra solidarieta’ – ha poi concluso – possano portare speranza a coloro che si trovano nella sofferenza”.

Rainews24  http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=148041

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